Genova e la lingua genovese

Monegasco e genovese sono due varianti dello stesso idioma.

Tutto questo emerge da un recente volume, “Gênes et la langue génoise, expression de la terre et de la mer, langue d’ici et langues d’ailleurs”.

Si tratta di una raccolta degli ”Atti del 16° colloquio internazionale sulle lingue dialettali“ (Monaco, 16 novembre 2019), pubblicati sotto la direzione di Claude Passet. Prefazione di S.A.S. il Principe Alberto II di Monaco. Formato 145 x 230 mm, 622 pagine, 90 illustrazioni, Monaco, Edizioni EGC, 2021. ISBN 978-2-911469-67-1.

La raccolta contiene trenta articoli, in francese, italiano e monegasco, di ricercatori, accademici, storici e linguisti di nove Paesi, dodici università e vari centri di ricerca.

I contributi riguardano la storia, la storia dell’arte, la lessicografia, la linguistica, la sociolinguistica del “mondo genovese” in senso lato (Liguria, Monaco, Provenza, contea di Nizza, Sardegna, Svizzera, Tunisia, Isole greche, mondo marittimo mediterraneo e Sud America), dal XII secolo ai giorni nostri. Particolare attenzione è stata dedicata al Principato di Monaco e al suo rapporto con l’area genovese.

Claude Passet è l’attuale presidente della Académie des Langues Dialectales de Monaco. L’Accademia ha avuto lo statuto approvato nel 1981, con il sostegno del Principe allora regnante Rainier III.

Abbiamo già parlato del monegasco in  questo blog, pertanto ricordiamo ai nostri lettori che Il monegasco è una lingua italica, l’erede della parlata dei genovesi che occuparono la Rocca nel lontano 8 gennaio 1297. La lingua si è preservata fino ad oggi anche se vi sono stati cambiamenti, modifiche e interazioni con le parlate circostanti; nei luoghi vicini non si parlavano dialetti liguri, ma provenzali, definiti dai linguisti simili, ma non uguali e non sempre intercomprensibili.

La lingua di Genova ha avuto nei secoli una grande diffusione grazie al dinamismo dei suoi mercanti, banchieri e marinai. Non è un caso che Cristoforo Colombo fosse genovese.

In Corsica, in Sardegna vi sono località dove ancora lo si parla. In passato è stato presente in Tunisia, a Gibilterra; il dialetto di Buenos Aires è stato infarcito di parole liguri. Lo si parla ancora a Genova e in Liguria, ma non possiamo prevedere per quanto tempo ancora.  

Secondo il grande storico Fernand Braudel, Genova, la Superba, è stata “una economia mondiale, uno stato globale, un impero senza territorio,  Il suo tumultuoso gioco politico interno – scrive ancora Braudel – non avrà riflessi negativi sulle sue collettività all’ estero, una rete che va dal Mediterraneo orientale a Malaga e poi a Siviglia, a Nord a Londra, a Southampton e a Bruges, a Sud fino al Nord Africa. La sua forza è il sentimento di solidarietà e di lealtà delle collettività genovesi all’ estero..”. 

Fernand Braudel.

Braudel, uno dei più importanti studiosi europei di questo secolo, era convinto che il capitalismo moderno fosse nato proprio a Genova. Nel suo saggio “Civiltà e imperi nel Mediterraneo nell’età di Filippo II”, Braudel definisce gli anni dal 1550 al 1640 “il secolo di Genova”, perché nella città si sviluppò ogni tipo di commercio. I genovesi ancora oggi sono riservati, non amano esibire le loro ricchezze e i tesori della loro affascinante città, non si sa se per pudore o per difendersi da qualsiasi contaminazione.

Genova e la Liguria furono il centro di quel vasto mondo per l’appunto chiamato da storici, linguisti e storci delle lingue come “Celto-Ligure” perché la popolazione risultava da un misto di Liguri e Celti.

Sappiamo che i Liguri costituivano lo strato più antico dell’insediamento d’Italia, che risale all’inizio del secondo millennio a.C. Furono soggiogati e poi sterminati dai Romani nel II secolo a.C. 

La loro lingua, il ligure, non era probabilmente di origine indoeuropea, ma pochi studi sembrano essere stati dedicati a questo argomento e la questione rimane tuttora aperta.

L’attuale lingua genovese conserva ancora influenze liguri, ma è diventata romano-celtica e indoeuropea.

Dal V secolo d.C., il ligure era così celtico da essere appena distinguibile dal gallico. Dal XIII secolo il genovese fu una lingua prestigiosa per le fiorenti attività economiche della Repubblica di Genova. Per tutto il Medioevo, il genovese fu usato come lingua amministrativa e come lingua diplomatica in gran parte del Mediterraneo. Nonostante una dominazione politica di cinque secoli, i genovesi non riuscirono a propagare la loro lingua, se non in alcune isole linguistiche della Corsica e della Sardegna; essi stessi adottarono il toscano come lingua scritta.

Il genovese rimase la lingua parlata dei genovesi fino al XIX secolo, ma declinò con la scomparsa della Repubblica di Genova.

Dall’inizio dell’Ottocento l’italianizzazione della Liguria ha portato alla dialettizzazione del genovese, ma il suo uso è continuato come lingua regionale in Italia (in Liguria), e sembra ancora abbastanza diffuso. In effetti, il numero di parlanti genovesi sarebbe di almeno 700.000, pari al 41% di una popolazione stimata di circa 1,7 milioni di persone. Oltre che in Italia, le varietà liguri-genovesi sono utilizzate a Monaco — lingua monegasca — e in Sardegna, in particolare a Carloforte (isola di San Pietro) e Calasetta (isola di Sant’Antioco), oltre che a Bonifacio (isola di Corsica ). Affinità linguistiche si possono osservare anche con alcuni dialetti meridionali d’Italia, in particolare il calabrese.

C’è chi si batte per la sua sopravvivenza, ma solo a Monaco ha acquisito dignità letterarie e uno status di lingua nazionale. Vi sono pure dizionari, grammatiche, fumetti di Tintin, reperibili alla FNAC di Monaco e un libro sul Papa emerito, “Joseph e Chico, ün gato chœnta a vita de Papa Benedetu XVI” pubblicato dalla Liamar Editions Monaco, reperibile presso l’editore.

Lo si studia a scuola, è obbligatorio, può essere materia d’esame per la maturità.

L’alfabeto è composto di 23 lettere, le stesse della lingua italiana ma non vi sono pertanto le lettere k, w e x. Le vocali si pronunciano  come in Italiano quindi la “u” si pronuncia u non ü come in francese. La “e” e la “o” sono in generale più chiuse che aperte. Esiste il suono “û”. I dittonghi si pronunciano come in Italiano, cioè distaccando i suoni delle singole vocali, quindi aiga, che vuol dire acqua, si dice a-i-g-a.

Anche le consonanti si leggono come in italiano. C’è qualche problema con la pronuncia della “r” fra due vocali. La pronuncia esatta può essere recepita solo da un monegasco che parli monegasco. La “j” si pronuncia invece come in francese. La “c” ha anche il suono “ç”  che si legge “s”, vedi  “tradiçiun”. L’accento tonico è di solito sulla penultima sillaba. 

Potete ora leggere correttamente e tranquillamente qualche proverbio

“U luvu perde u pûu ma non u viçi”.  Siccome è facile, non vi diamo la traduzione.

Questo invece è più difficile: “Qandu a marina stirassa i massacàn, se nun ciœve ancœi ciœve demàn”. Quando il mare trascina i sassi, se non piove oggi pioverà domani.

Il libro “Monaco, il Principato” presentato dalla Città di Ventimiglia

Tra il Principato di Monaco e la città di Ventimiglia sono da sempre esistiti dei legami forti.

Proponiamo qui di seguito un testo di Filippo Rostan, che nella “Storia della Contea di Ventimiglia” (Istituto Internazionale di Studi Liguri – Bordighera, 1971) spiega l’importanza di questa relazione, vecchia da secoli.

Armoriale della Provenza, foto © Compagnia d’i Ventemigliusi.

I Grimaldi a Ventimiglia

Negli anni successivi alla occupazione genovese di Ventimiglia, i cittadini che avrebbero gradito il proseguimento dello stato di Libero Comune Marinaro, pur appartenendo alla fazione ghibellina, si affidarono alla guelfa famiglia Grimaldi, in amicizia con il Governatore di Provenza, per contrastare il più possibile l’ignobile attività interna dei De Giudici e del loro losco Albergo. Le sorti dei Grimaldi nel possesso della Rocca di Monaco, divennero essenziali per il prosieguo di tale politica, cosicché quando tra alti e bassi l’abilità dei Grimaldi riuscirà a far insediare saldamente la famiglia sulla Rocca del Principato, molti ventimigliesi ne furono soddisfatti. Non avrebbero ritrovata la loro libertà diretta, ma potevano aggregarsi a quella “libertà” monegasca, che ancora oggi compiace molti Intemeli.

Carlo Grimaldi, Vicario angioino

Nel 1331, il Governatore della Provenza, Re Roberto d’Angiò indusse anche le fazioni della città di Genova a riconciliarsi, il che fecero in sua presenza, in Napoli, il 3 settembre.

Poco dopo, a Carlo Grimaldi, fatto importantissimo e gravido di conseguenze, vengono concessi Monaco e Roccabruna, che terrà in nome e per conto della Repubblica. Dobbiamo presumere che tale concessione gli venisse fatta sotto la pressione del Re, il quale, in procinto di lasciare il governatorato della Repubblica e prevedendo un ritorno ghibellino, intendeva assicurarsi i vantaggi di una situazione preponderante sulla frontiera.

Già con la pace di Pigna la sorte dei guelfi s’era rialzata: ormai con queste due nuove acquisizioni essi hanno la preponderanza assoluta nella Contea, che da Molinetto a Saorgio e Bordighera, più Dolceacqua e Abeglio, tutto è in mano loro o del Re. Stante le loro aspirazioni separatiste la situazione è tale che la più piccola mossa sbagliata da parte di Genova può provocare l’irreparabile. Irreparabile che, grazie allo stato di perpetua violenza in cui la città viveva, non tarderà a prodursi.

Nel febbraio del 1335, i ghibellini genovesi ritornano al potere. Essi vogliono subito riprendere in mano il controllo della frontiera e si portano con una flotta all’attacco di Ventimiglia e di Monaco. Riconquistano Ventimiglia, ma Carlo Grimaldi li respinge da Monaco, rientra a sua volta in Ventimiglia e, con i guelfi locali, decide senz’altro il grande passo: il passaggio alla Provenza. I deputati ventimigliesi si recano tosto dal Re per la messa a punto e la consacrazione degli accordi e, dopo soltanto tre mesi dal trionfo ghibellino in Genova, il 25 maggio 1335, nella Cattedrale di Ventimiglia, presente il Siniscalco di Provenza, Sanguinetto di Haumont, Carlo Grimaldi, Governatore della Città e Agamellino Grimaldi, Podestà, vengono lette al popolo radunato le condizioni dell’annessione. Con esse il Re crea la Vicaria di Ventimiglia su quella che era stata la Contea di Ventimiglia nella sua massima espansione, escluso San Remo.

I cittadini presenti accettano e la bandiera provenzale viene issata sulla città. Tre giorni dopo i capi famiglia di parte guelfa, radunati nel forte della Rocca, giurano fedeltà al Re.

Le teste di ponte della Repubblica e dei ghibellini dell’alta Italia, contenenti la pressione della guelfa Provenza, sono crollate quasi di colpo. I Lascaris, rimasti isolati e a causa di una impossibile reazione genovese, forse modificarono i termini del loro omaggio, ma i Doria non si sottomisero, e disertarono le loro terre.

L’avvenimento coincideva col ristabilirsi della situazione provenzale in Piemonte dove, il 10 settembre seguente, intervenne un trattato fra il Re e il Conte di Savoia, in virtù del quale questi riconosceva in feudo a Roberto la contesa Possano e gli rimetteva Savigliano.

Con la «Vicaria della Contea di Ventimiglia e Val Lantosca» culmina e ha termine il secondo periodo dell’espansione provenzale.

Stemma della Famiglia Grimaldi.

Nella continuità di queste relazioni di amicizia e cooperazione tra Ventimiglia e il Principato di Monaco, sabato 4 Settembre alle ore 17,50 sarò presente a Ventimiglia, nel Chiostro di Sant’Agostino (Sala Polivalente) su invito della città, per presentare il libro che spiega tutto su Monaco: la storia, l’arte e l’architettura, le possibilità di vivere e di lavorare e tutto ciò che è da sapere.

La Libreria Emporium di Ventimiglia gestirà uno stand dove sarà in vendita il libro.

Vi aspetto numerosi.

Gemellaggio Monaco/ Dolceacqua: il Comune di Monaco, un approfondimento

La stampa sia monegasca che quella italiana in Liguria, hanno dato ampio spazio a questo avvenimento, che, comunque, avrà luogo nel 2023. Il fatto è significativo  ed importante, ma bisogna notare che il gemellaggio non è fra il Principato e Dolceacqua, ma con il Comune di Monaco. Sì, perché Monaco non è solo Stato, ma anche comune. Vale la pena di parlarne…..

Veduta di Monaco Ville, dove è situato il Comune.

Monaco ha anche un sindaco, che è importante…

Monaco è un Principato, uno Stato, ne siamo ben consapevoli. Ma è anche  un comune, del quale forse non ne siamo altrettanto  consapevoli. Noi, Italiani a Monaco, avvertiamo la presenza dello Stato, delle sue istituzioni : la corte, il principe e le principesse sono il segno incarnato della tradizione monarchica, il Consiglio Nazionale è il Parlamento, l’espressione del popolo monegasco che partecipa alla politica del proprio paese. C’è la polizia onnipresente, protettiva, rivolta alla  sicurezza dei cittadini, siano essi nazionali o residenti. Ci sono il governo e i ministri, molto attivi e dediti a cose concrete. Visibili e “alla mano”, in caso di bisogno.

C’é pure il sindaco che è il capo del Comune, e il consiglio comunale:  quello che forse non tutti sanno è che hanno radici antichissime nella storia di Monaco, da prima ancora che diventasse signoria e poi principato dei Grimaldi.

Andiamo con ordine tuttavia, partendo da ciò  che è oggi: il Comune di Monaco è l’unica divisione amministrativa del Principato di Monaco, e i suoi confini  coincidono con lo Stato. Il comune è nella Costituzione. L’ordinamento comunale è costituzionalmente rilevante e ben 10 articoli gli sono dedicati. Titolo IX , dal 78 all’87, tenendo presente che, in tutto, la Costituzione del Principato ha 97 articoli.

Il Comune di Monaco. Foto © Pages Jaunes.

Il Comune di Monaco dispone di un Consiglio comunale composto da 15 membri.  Sono elettori i poco più di 7.000 cittadini monegaschi; per essere eletti è necessario aver compiuto 21 anni. I residenti stranieri sono naturalmente esclusi da queste votazioni.

Il sistema elettorale è plurinominale a due turni, su liste : ogni elettore ha quindici voti di preferenza che può distribuire a suo piacere fra le eventuali liste concorrenti, se ci sono. Sono eletti al primo turno i candidati della lista che ottiene la maggioranza + uno  dei voti.  Se una lista ottiene il 49,99 % non ha nessun eletto. È tuttavia possibile il panachage, cioè  votare una lista e un candidato di una lista diversa.

Il consiglio elegge nel suo interno il sindaco e i suoi adjoints, ossia gli assessori. La consuetudine politica  è che il candidato alla prima poltrona cittadina sia  indicato agli elettori nella figura del capolista della lista più votata. Il sindaco attuale è Georges Marsan, di professione farmacista, in carica dal 2003  e via-via rieletto ogni quattro anni fino alle ultime  elezioni del 2019. Resterà in carica fino al 2023.

Georges Marsan, sindaco di Monaco. Foto © Monaco Tribune.

Qualche cenno di storia

La Costituzione del 1911 divise il vecchio Comune di Monaco nei tre comuni di Monaco-Ville, Monte-Carlo e La Condamine, ma il governo del principe fu accusato di aver operato una forma di divide et impera nei confronti dell’unica istituzione democratica del Paese, avendo il Consiglio nazionale, da poco costituito, poteri estremamente limitati. Le polemiche portarono in tempi relativamente brevi alla revisione della decisione, restaurando il Comune unico con una legge del 1917, operativa dall’anno successivo. Da allora il territorio monegasco è amministrativamente indiviso, e i quartieri cittadini hanno unicamente funzioni statistiche.

L’anno 1911 era stato cruciale per la storia di Monaco. Regnava allora Alberto I, sovrano illuminato, scienziato ed esploratore, grande navigatore. Era un uomo sensibile e di fronte alle inquietudini del popolo monegasco di allora, che non partecipava come era auspicabile alle fortuna del Principato, volle rispondere adeguatamente  alle esigenze del momento e concesse quella Costituzione che fece di Monaco uno Stato costituzionale.

Quella Costituzione é quella ancora vigente oggi, sia pura largamente emendata ed aggiornata.

In quella occasione il Principe, invece di trasformare la antica istituzione comunale in un parlamento, volle costruire ex novo il Consiglio Nazionale come espressione dei nuovi tempi; tuttavia riformò addirittura  l’antica istituzione dividendo  il territorio del Principato in tre comuni. La decisione comunque non si rivelò felice e si ritornò all’unica amministrazione comunale, che è quella di oggi anche se aveva radici antichissime.

Monaco nel 1911. Foto Collezione privata.

Il comune antico o universitas

Dai libri di storia apprendiamo che fin dal XIII secolo la comunità degli abitanti, i capofamiglia, si riunivano periodicamente per discutere di interessi comuni come la gestione del territorio, la manutenzione di strade e sentieri, della chiesa, degli ospedali. Si parlava di feste padronali, ma anche come provvedere alla difesa in caso di attacchi nemici. Questo succedeva ancora prima dell’arrivo dei Grimaldi. La repubblica di Genova, del cui possedimenti allora Monaco faceva parte, delegava i suoi “castellani” che presiedevano queste riunioni. I Grimaldi mantennero queste usanze e le rafforzarono e condivisero con il popolo monegasco, la universitas, la cosiddetta ordinaria amministrazione degli affari della Signoria – poi Principato – di Monaco.

Le cose pare abbiano funzionato abbastanza bene in perfetta armonia  fra popolo e principe. Nel XVI secolo si ha notizia che l’istituzione si è formalizzata. La comunità é gestita da un consiglio composto da quattro sindaci , dodici consiglieri, il podestà, che rappresenta il principe, che presiede e che si fa assistere da un segretario, coadiuvati da funzionari del Comune.

Francobollo che mostra un abitante di Monaco del XVI secolo. Foto © 123RF.

Col tempo le riunioni  si fecero sempre meno frequenti. Nel 1790, il Principe Onorato III, ai tempi della Rivoluzione francese, introdusse un consiglio comunale di 18 persone con l’intenzione di organizzare il territorio.

Poi ci fu l’occupazione dei francesi, l’abolizione del Principato e l’annessione alla Francia. Seguì la Restaurazione e poi la storia del Principato ebbe una svolta radicale, ma del Comune non si hanno molte notizie fino a quelle del 1910 , anno fatidico in cui si avviarono le grandi riforme del 1911 : la Costituzione e perfino l’istituzione di tre comuni. 

Dopo il ripristino di un solo Comune, nel 2018, l’attività di questo ente è stata ordinata e tranquilla e i vari sindaci si sono succeduti senza scosse.

Qualche “brivido” solo nel 2015

Nella primavera del 2015 sono indetti i comizi elettorali per il rinnovo del Consiglio Comunale. Contrariamente alle elezioni  precedenti questa volta vi è un gruppo di persone, che si presenta come alternativa al sindaco in carica, Georges Marsan, proclamando che è ora di cambiare. La lista concorrente si chiama Un regard Neuf capeggiata da Frank Nicolas. Abbiamo avuto modo di leggere i programmi di entrambi gli schieramenti e non abbiamo notato alcunché di notevole. Gli uni propongono di fare meglio degli altri le stesse cose.

L’interesse nella competizione elettorale si accentua quando viene annunciata la candidatura, nella lista promossa da Frank Nicolas, di un componente della famiglia del principe. Si tratta della signora Cecile Gelabale de Massey, moglie separata del Barone Christian de Massey, imparentato con la famiglia del principe Alberto.

La lista elettorale Un Regard Neuf del 2015. Foto © Twitter.

La notizia sconcerta e provoca la riprovazione del Palazzo, poiché vi è una antica e consolidata tradizione secondo la quale i membri della famiglia regnante non devono essere coinvolti nella politica e partecipare a competizioni elettorali. La candidatura viene pertanto ritirata creando un certo imbarazzo ai promotori della lista.

Si arriva così alle elezioni, con qualche tensione e larga partecipazione, oltre il 60% degli iscritti, ma i risultati non danno adito ad alcun dubbio. Stravince la lista Evolution communale del sindaco uscente, con il 75% dei voti. Si prende tutti i 15 seggi in palio. Il sistema elettorale non consente alla minoranza nessun seggio e quindi… non c’è minoranza rappresentata nel consiglio comunale.

Il sindaco riconfermato: Georges Marsan, viene insediato dopo un mese dalle elezioni in forma solenne. Sarà confermato nuovamente nel 2019, ed è tuttora in carica fino al 2o23, come abbiamo visto.

Quali sono le competenze del Comune?

Ricordiamo che il Comune impiega  circa 650 persone suddivise in 19 servizi municipali raggruppati in  6 settori:

– Affari sociali: iniziative a favore della piccola infanzia, assistenza agli anziani

– Affari culturali :  la mediateca, l’ Accademia Rainier III, la Scuola superiore di arti plastiche,  il Jardin Exotique.

– Attività di animazione, le feste e le ricorrenze.

– i servizi amministrativi come anagrafe, stato civile, sport, demanio, affissioni

– Gestione delle risorse umane, le comunicazioni e i servizi tecnici.

Inoltre il parere del consiglio comunale è rilevante, anche se non vincolante, quanto si tratta di prendere importanti decisioni in campo urbanistico, sul traffico e destinazioni commerciali.

Il Comune è pertanto competente per i rapporti con altri comuni e la pratica del gemellaggio è una consuetudine molto diffusa in Europa. L’ idea è nata da una proposta dei sindaci, come sintetizzato da questa lettera.

Foto © Riviera24.

Come si vede dalla lettera i sindaci evocano un fatto importante nella storia dei rapporti fra Monaco e di Dolceacqua , avvenuto nel 1523. Allora quelle zone di confine erano oggetto di rivendicazione fra le potenze di allora e causa lotte e guerre fra Genova, Milano, Savoia, Spagna e Francia. 

Dolceacqua ebbe nel Cinquecento  periodi turbolenti, oggetto di disputa fra i Grimaldi di Monaco e i Doria.

Oggi è un ridente borgo ligure, comune di 2000 abitanti, una piccola capitale del vino, il Rossese di Dolceacqua DOC.

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Il Ponte di Dolceacqua. Foto © Turismo.it

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Bibliografia e fonti di informazioni: La stampa locale (Monaco Matin, L’Observateur de Monaco, Monaco Hebdo, La Gazette de Monaco, La Principauté).

Per i riferimenti storici: Mauro Marabini “Monaco, il Principato, per la grâce de Dieu” – Liamar Multimedia, 2020.

Monte-Carlo & Montecarlo. Oppure : “l’altra Montecarlo”

Monte-Carlo nel Principato di Monaco.
Montecarlo in Toscana. Foto © TuscanyPeople.

Se ricerchiamo, su Wikipedia Italia, Montecarlo, spunta  Montecarlo, comune italiano in provincia di Lucca. Infatti anche in Italia, come vediamo c’è una Montecarlo, scritta però tutto attaccato senza trattino.  

Da una rapida ricerca impariamo che si tratta di un borgo con poco più di 4.000 abitanti, che si chiamava anticamente Vivinaia e che ha cambiato nome, anche lui, in onore di un re Carlo (in questo caso parliamo di di Carlo IV di Lussemburgo). Questo succedeva nel 1331, in pieno Medioevo, quando il territorio dove si trovava Vivinaia era terra contesa fra Firenze, Lucca e Pisa.

Carlo IV di Lussemburgo. Foto © Liamar Multimedia.

Per arrivarci, da Monte-Carlo, si devono fare quasi 350 chilometri, uscire dalla autostrada ad Altopascio, e proseguire in strade minori. Il paesaggio per un certo periodo non è molto attraente, come di solito è la Toscana, per la vasta presenza di piccole aziende, capannoni, fabbricati industriali.

Poi tutto cambia quando si arriva ad imboccare la strada dell’Olio e del Vino. Si arriva infine nel borgo antico sovrastato da un imponente castello, la fortezza del Cerruglio.

Fortezza del Ceruglio. Foto © Fondo Ambiente Italiano.

Da quelle parti si fa anche un vino, il Montecarlo DOC, sia bianco che rosso.

Il rosso si fa con Sangiovese, vitigno principale, combinato anche con  con Merlot e o Shiraz.

Il bianco ha come vitigno principale il Trebbiano toscano, in abbinamento con Roussanne, Semillon, Pinot bianco, Pinot grigio. 

Vini dell’Azienda Buonamico di Montecarlo. Foto © buonamico.it

Avete letto bene, vitigni toscani con vitigni francesi: questa è la particolarità  dei vini di Montecarlo (Toscana).

Nella seconda metà dell’Ottocento un viticoltore locale andò in Francia, fece un lungo giro ed importò le piantine dei vitigni francesi, cento anni prima dei “supertuscan”.

La cartina da www.quattrocalici.it

Foto © Quattrocalici.it

Vi piace la filosofia?

Vi piace la filosofia? Non tanto direi: ne abbiamo un ricordo dai lontani anni del Liceo e qualche lettura, forse, nel corso degli  altri studi.

Tuttavia la parola aleggia in tanti discorsi come nella diffusa asserzione  “prendersela con filosofia”, formula consolatoria che dovrebbe aiutarci a superare tanti piccoli, o meno piccoli, contrarietà quotidiane.

Tanti filosofi tuttavia sono citati, in discorsi di politici ed in articoli dotti e le loro opere portate a prova di ogni argomentazione. Citati ma non sempre letti; infatti, a parte gli specialisti, gli insegnanti  e studenti di filosofia, chi prende a mano, o si da alla lettura di un testo filosofico?

Noi che viviamo a Monaco, in un ambiente di lingua e cultura francese prevalente notiamo tuttavia che i francofoni sono più interessati alla filosofia di noi italiani.

 Se ne parla  e se ne scrive su giornali a larga diffusione e nelle scuole hanno uno spazio maggiore che da noi. Per il BAC,  vi è spesso la prova di “philo”.

Sarà perché in Francia  si è sviluppato gran parte del pensiero d’oggi; esistenzialismo, stutturalismo, fenomenologia, ed altro.  Oggi si parla molto di  decostruzionismo.

Nel Principato addirittura  Charlotte Casiraghi, la figlia della Principessa Carolina, si è fatta una fama per la sua passione della Filosofia, non solo è laureata in questa materia, alla Sorbona di Parigi, ma è fondatricce e promotrice dei “Les rencontres philosophiques” , manifestazione che si tiene periodicamente a Monaco.

Charlotte Casiraghi, fondatrice e presidente di “Les Rencontres philosophiques”.
Foto © Noblesse & Royautés

È una manifestazione estremamente interessante e bene organizzata. Ha il grande pregio di rendere la filosofia accessibile, di avvicinarla alle persone per meglio utilizzarla nella vita di tutti i giorni. I libri presentati in questa manifestazione sono a portata di tutti, rendendo piacevole una materia che può essere intimidante.

Ed è in pieno in questo stile il giornalista Andrea Cauti (grande appassionato di filosofia) ed il suo libro di grande successo “In questa stanza non c’è un rinoceronte. Wittgenstein spiegato a mia figlia“, edito da Liamar.

Foto@ Liamar Multimedia.

Da questo piccolo libro (nel senso che ha, relativamente, poche pagine, ma che si presenta in una edizione curata ed elegante) apprendiamo che fu Ludwig Wittgenstein il precursore del pensiero contemporaneo. 

Ludwig Wittgenstein, chi era costui? Diciamoci la verità, lo abbiamo sentito citato parecchie volte e forse ci siamo chiesti come la pensava veramente. Ha scritto libri ritenuti difficilissimi, quasi ermetici e mai ci saremmo addentrati in tali letture.

Ludwig Wittgenstein, foto © Britannica.

 Al contrario  Andrea Cauti cerca, e ci riesce, di renderci digeribile questo filosofo visto che ha cercato di spiegarlo a sua figlia, che studia la materia al liceo.

Quindi in questo libro si spiega chiaramente l’ostico filosofare di Ludwig Wittgenstein e il titolo nel  contesto emerge nel suo significato recondito.

Non solo nel testo vengono illustrate le opere dell’autore,  ma si da un risalto significativo alla sua vita e al carattere.

Ludwig Josef Johann Wittgenstein (1889-1951) era un uomo che odiava gli eccessi. Aveva rifiutato una enorme ricchezza ereditata dal padre, perché il danaro corrompe, ma era lui stesso un uomo pieno di eccessi  e di contraddizioni; ossessionato dagli insetti, odiava donne e bambini, era nostalgico dell’Impero Austro Ungarico, e per un certo periodo ebbe pure simpatie comuniste. Era insofferente contro chi lo contraddiceva, irascibile e violento verso i suoi allievi ed irrispettoso con i suoi maestri. Notiamo che il suo grande maestro fu Bertrand Russell.

Bertrand Russell, foto © Wikipedia.

Ebbe comunque una vita travagliata, nato negli agi ma con un padre, grande uomo d’affari, tirannico con la sua famiglia. Due suoi fratelli si suicidarono, fu soldato volontario nella prima guerra mondiale, che termino’ in un campo di prigionia in Italia.

Insegnò comunque a Cambridge ed ebbe contatti e relazioni con l’aristocrazia intellettuale della Gran Bretagna.

Grosso modo viene considerato dagli storici come filosofo neopositivista, che vide nello studio del linguaggio la ricerca del sapere.

Il suo libro più famoso fu il “Tractatus logico-philosophicus”, da qui la massima: “Quanto può’ dirsi, si può dir chiaro; e su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”.

La Monaco degli anni 2010 (2010/2019)

Copyright: ©Bon plans vacances.

Del 2020 abbiamo già parlato. Come saranno i prossimi 10 anni a Monaco? Per fare previsioni per il futuro bisogna conoscere il passato, quello recente e quello lontano. Questo anno 2021, del quale siamo già alla vigilia di Pasqua, tende purtroppo per ora ad assomigliare all’infausto 2020, l’anno dello scoppio e della diffusione della grande epidemia provocata dal virus che noi chiamiamo corona, o Covid.

Il decennio 2010/2019, alle soglie del 2020 era stato foriero di molti fatti che avevano indotto a previsioni per il decennio successivo, 2020 / 2030. Tuttavia dopo l’epidemia non sappiamo ora come sarà il mondo di domani. Nell’attesa, rievochiamo il recente passato.

Nel mondo e in Francia

Il decennio 2010 ha avuto alcuni momenti forti, come la primavera araba da dicembre 2010 a marzo 2011. Abbiamo visto come è andata a finire.

A Roma abbiamo un Papa che si dimette  ed uno nuovo che viene dall’America Latina.

Copyright: ©Avvenire.

In Francia, che per chi sta a Monaco è il Paese di riferimento, abbiamo avuto il “mariage pour tous” nel maggio 2013, gli attentati islamici contro Charlie Hebdo (gennaio 2015) e quelli del Bataclan ( novembre 2015).

Il radicalismo islamico prende sempre più piede in  questa Francia ed altri attentati seguiranno. Si parla sempre più di “ islamo-gauchisme”, vedi in questo stesso blog.

Il popolo francese soffre di questo ed altro, ma la classe politica che governa il Paese minimizza ed attende (che cosa?) per mettere in atto misure drastiche.

Nel 2016 la Gran Bretagna decide di uscire dalla Unione Europeo (Brexit) e gli Stati Uniti eleggono Donald Trump alla presidenza. Non sarà rieletto, come sappiamo, alla fine del suo mandato. Come sarà il nuovo presidente Joe Biden? Comunque per ora non entusiasma.

In Francia esplode il fenomeno Macron, maggio 2017. Era uno sconosciuto, quasi, fino a poco tempo prima, ma diventa presidente della “République”.

Per la prima volta, dalla fine della Seconda guerra mondiale la presidenza della repubblica francese non viene espressa dai partiti tradizionali conservatori e socialdemocratici. Chi c’è dietro Macron? È stato aiutato da una magistratura di parte? Macron si proclama progressista e riformatore, partirà bene, ma lo slancio riformatore si arresterà presto.  Dovrà fronteggiare il movimento dei cosiddetti “Gilets jaunes”, al quale reagisce con fermezza, che invece manca contro l’islamismo radicale. Verso la fine del 2019 diventa molto popolare in Francia il giornalista Eric Zemmour che dalla TV distrugge il politicamente corretto praticato dalle élites intellettuali, di sinistra, ça va sans dire. 

La Primavera araba. Copyright: ©Préfixes-Hypothèses.

Nel 2018 ha imperversato nel mondo intero Greta Thunberg, studentessa svedese di 15 anni che ha portato al parossismo le inquietudini, più o meno fondate, per il riscaldamento climatico.

Nell’estremo oriente la Cina svela sempre più il suo volto totalitario ed illiberale, stroncando le proteste di Hong Kong. In Europa e nel Vicino Oriente emerge una sempre più pericolosa Turchia neo ottomana e filo islamica. La guerra in Armenia ne è la prova.

Questa elencazione di fatti non pretende di essere esaustiva, serve come introduzione per evocare gli anni 2010 nel Principato di Monaco. Non abbiamo evocato l’Italia, sempre perennemente in crisi, che stenta ad uscire da quella del 2008…

Ricordiamo tuttavia, senza essere neppure per l’Italia esaustivi, alcuni fatti, fra i quali il progressivo calo demografico: nella penisola italiana risiedono circa 60 milioni  di persone, ma non tutti sono italiani. Gli stranieri sono più di cinque milioni pari allo 8,4% dell’intera popolazione residente e gli italiani/italiani sono in calo;  crescono quelli fuori d’Italia: quasi 6 milioni.

Gli italiani all’estero sono una grande risorsa per il Paese, tuttavia sono spesso ignorati e sottovalutati. Nell’ultimo governo, quello di Mario Draghi, sono  stati del tutto dimenticati; per loro neppure un sottosegretario che si occupi di loro. 

Abbiamo assistito alla fine della carriera politica di Berlusconi e di Prodi, l’ascesa e il declino di Monti, poi di Renzi e poi ancora dei 5Stelle. E ci siamo subiti il governo Conte primo, il  governi Conte secondo, ma abbiamo scampato il Conte TER. La riforma della Costituzione  è stata respinta dal popolo per fare dispetto a Renzi (2016). Nel 2011 avevamo  celebrato – fra retorica ed indifferenza – il 150° anniversario della fondazione dello Stato unitario italiano.

Veniamo a Monaco

In  questo mondo turbolento, il Principato ha trascorso il decennio prima della pandemia in un pacifico cammino verso un continuo miglioramento.

Nel 2009 era uscito dalle black list  avendo cominciato a fare numerosi accordi di collaborazione fiscale con i principali Stati.

L’accordo con l’Italia sarà siglato nel marzo 2015, ma per l’Italia ci sono ancora problemi, vedi in questo stesso blog cosa scrive il dott. Alberto Crosti: “Quale è il colore che il fisco italiano attribuisce al Principato di Monaco?”

Il principe Alberto era salito al trono nel 2005 e nel 2013 sposa la fidanzata Charlene. l matrimonio religioso ha avuto luogo il 2 luglio, gli eredi gemelli Jaques e Gabriella nasceranno il 10 dicembre 2014.

Date e fatti significativi

Segnaliamo alcune date e fatti significativi, non dimenticando mai che il Principato, con l’impulso del Sovrano è molto impegnato nelle tematiche ambientali che vuole armonizzare con la esigenza contraria di ospitare sempre più persone nel suo piccolo territorio, allargandosi in alto e in mare. Fatto significativo: la società che gestisce il Porto di Monaco acquista quello di Ventimiglia.

La Tour Odéon. Copyright ©Edeis.

Nell’aprile 2015 viene inaugurata la Tour Odeon, alta 135 metri: promotore è stato il gruppo italiano Marzocco, da tempo operante nel Principato.

Nel mese di giugno del 2014 viene inaugurato il nuovo Yacht-Club: un capolavoro architettonico ad opera dell’architetto britannico Sir Norman Foster.

Il grande progetto che è  un segno fondamentale per gli anni a venire, il cui compimento è previsto per il 2025, ha avuto inizio alla fine del 2016. Si tratta della nuova estensione in mare dove emergerà il nuovo quartiere de”Anse du Portier”, sei ettari di nuovi spazi attrezzati alla maniera di Monte-Carlo.

Contemporaneamente sono continuati i grandi lavori attorno alla Piazza del Casinò e all’Hôtel de Paris; nel febbraio 2019 emerge un altro nuovo quartiere di “ONE Monte-Carlo”, laddove c’era lo Sporting d’ Hiver.  

Il popolo monegasco

Il decennio in questione è stato pure caratterizzato da una partecipazione molto attiva dei monegaschi, cioè di quelli di nazionalità monegasca, alla vita politica del loro Stato come dimostra l’intensa partecipazione al voto per il Consiglio Nazionale.

La legislature 2013/2018 è stata convulsa e conflittuale, in quella in corso 2018/2023, – che ha visto emergere la leadership di Stéphane Valeri – è emerso uno stretto collegamento fra eletti, governo e Principe per tenere sempre conto degli interessi dei nazionali, cioè del popolo monegasco. Stéphane Valeri con il suo partito Priorité Monaco, PRIMO, ha ottenuto il 57% dei voti.

Copyright: ©Conseil National.

Come abbiamo detto, il popolo monegasco partecipa attivamente alla “sua” politica; per l’elezione del “Conseil National” va a votare di solito più del 70% degli iscritti.

Dal popolo monegasco è emerso un nuovo campione di formula 1, Charles Leclerc, che indossa i colori della Ferrari. 

Tutti i residenti sono stati colpiti, addolorati e sbigottiti per il brutale assassinio, avvenuto a Nizza (a Monaco non sarebbe mai stato possibile, di Hélène Pastor. e del suo autista Mohamed Darwich (6 maggio 2014).

Le indagini portano all’arresto dei presunti assassini, Samine Saïd Ahmed e Alhair Hamadi, che indicano  Wojciech Janowski come mandante. Janowski è da anni il compagno della figlia di Hélène Pastor, Sylvia.

Dopo l’epidemia che cosa succederà e Monaco? riprenderà il suo cammino cosi come programmato nel recente passato?

Di sicuro saranno completati i progetti urbanistici in corso, il  cantiere non si è mai arrestato.

I lavori de l’Anse du Portier procede alacremente e se ne rendono conto i cittadini di Monte-Carlo che abitano nei piani elevati dei grattaceli. Senz’altro sarà migliorato il traffico grazie a nuovi interventi che lo rendono più fluido, alla politica urbanistica che consentirà di ridurre i tempi di accesso ai posti di lavoro del Principato.

Tutto fa prevedere uno sviluppo più controllato e moderato, verrà sicuramente oltrepassata la soglia dei 40.000 abitanti, ci sarà, forse l’accordo con la Unione Europea. Un patto speciale che riconosca la pecularietà del Principato.

Proverbio Monegasco: Pati ciari, amiciçia longa. Serve la traduzione?

Charles Leclerc, corridore monegasco di Formula 1 sulla Ferrari. Copyright ©Deserto.

Qual’è il colore che il fisco italiano attribuisce al Principato di Monaco? Un po’ bianco, un po’ nero: in sintesi grigio

Pubblichiamo uno scritto del Dott. Crosti, consulente finanziario milanese, specialista in questioni monegasche (dr.crosti@libero.it)

Il Principato di Monaco riesce in una impresa non facile; da un lato a tenere molto bassa la tassazione dei suoi cittadini residenti, dall’ altro a dare agli stessi dei servizi sociali di primo ordine, obbiettivi che spesso sono difficilmente conciliabili, basterebbe considerare l’ Italia, ma anche la Francia.

Conosco l’obiezione che potrebbe essere mossa a questa constatazione: il Principato è un “mini” Stato e quindi non può essere comparato a Stati quali per l’ appunto l’Italia o la Francia la cui struttura economica e sociale, basterebbe pensare al flusso migratorio in entrata, è completamente differente.

Tutto corretto, sono situazioni non comparabili, però mi sorge spontanea una domanda: per quale motivo uno Stato che riduce od in alcuni casi annulla la tassazione delle persone fisiche, pur rispettando i requisiti di trasparenza , deve essere necessariamente visto in modo negativo, come uno Stato o Paese “black”? E se invece fossero i comportamenti di altri Stati ad essere criticabili in quanto incapaci di controllare sia il volume della spesa pubblica, di difficile gestione, sia soprattutto la qualità della stessa ? Ogni riferimento alla bella “penisola ” è puramente casuale, così come è ovviamente casuale il riferimento ai “navigators” !

Foto © El Watan.

Ciò che stride è proprio come il secondo Stato, un po’ spendaccione, giudica il primo Stato, che evidentemente si gestisce meglio, qualificandolo , e trattandolo ancora per alcuni aspetti, come “black”, qualifica questa che comporta all’ atto pratico tutta una serie di conseguenze non di poco conto.

Eviterò di tediare il lettore  esponendo il percorso normativo in un dedalo di norme che occorre intraprendere al fine di pervenire a capire quale sia la precisa collocazione del Principato, nella pagella dei Paesi virtuosi che hanno rapporti con l’ Italia. Occorre dire che però il Principato, in questa collocazione, è in buona compagnia con la Repubblica Elvetica, quindi si potrebbe dire “mal comune, mezzo gaudio”! 

Il riferimento normativo è al  Decreto Ministeriale (D.M.) del 4 maggio 1999, il quale indica la lista degli Stati attualmente ritenuti come privilegiati ai fini dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF), lista nella quale sono per l’ appunto inclusi sia la Svizzera sia il Principato. Deve fare riflettere la circostanza che il Decreto in questione sia stato emesso ben 22 anni fa, in un contesto storico completamente differente; forse sarebbe caso di prendere atto che molto acqua è passata sotto i ponti!

Foto © Infodifesa.

Monaco ha intrapreso un percorso verso la trasparenza che ha convinto l’ Unione europea ad annoverarla tra gli Stati “white”, basterebbe pensare agli accordi stipulati per lo scambio automatico delle informazioni aventi rilevanza ai fini fiscali, ciò che rende Monaco, al pari della Svizzera, un Paese collaborativo.

Difatti entrambi gli Stati sono presenti nella lista di cui al Decreto del 17 gennaio 2017 in virtù del quale sono qualificati come “collaborativi”, avendo aderito allo scambio di informazioni a partire dal 2018 (con riferimento all’anno fiscale 2017).

Tale qualifica sembrerebbe “stridere” con quanto è stato analizzato in precedenza in relazione alle persone fisiche, dato che da un lato Monaco è “collaborativo” , dall’ altro però è ancora “black” per via della sua fiscalità, particolarmente attrattiva.

Da quanto precede emerge una situazione di evidente incoerenza e di palese discriminazione dei soggetti che intrattengono rapporti con il Principato in quanto oramai è assodato a livello internazionale che il Principato ha acquisito legittimamente la qualifica di uno Stato trasparente,

 Per quanto invece concerne la discriminazione basterebbe ricordare ad esempio che la mancata indicazione da parte delle persone fisiche di attivi detenuti nel Principato nel “famigerato” quadro RW , finalizzato al monitoraggio degli attivi detenuti all’ estero da soggetti persone fisiche residenti in Italia , ed allegato alla dichiarazione annuale dei redditi, è assoggettata ad un regine sanzionatorio molto più oneroso rispetto al regime applicabile ad esempio per gli attivi non dichiarati detenuti in Francia, oppure che i termini di prescrizione per una azione di accertamento da parte della Amministrazione italiana sono raddoppiati rispetto ai normali termini. A quanto precede aggiungasi anche che un attivo detenuto nel Principato e non dichiarato in modo corretto fa scattare la presunzione che l’ attivo in questione sia stato costituito con fondi sottratti alla tassazione, presunzione non applicabile ad esempio ad una analoga situazione con la Francia .

Foto © Gold Avenue.

Quoi faire” ?

La Svizzera, che si trova nella stessa precisa situazione, sta facendo pressioni sull’Italia affinché la situazione descritta possa venire modificata eliminando la Repubblica elvetica dall’ elenco citato all’ inizio.

 Su questo argomento il Consiglio nazionale  svizzero ha chiesto al governo di Berna di attivarsi presso l’ Italia. Non sono al corrente di iniziative intraprese in questo senso dalle Autorità del Principato, iniziative che potrebbero eliminare finalmente la qualifica di”black” attribuita al Principato, colore che non si giustifica per il solo fatto che il Principato in modo virtuoso non tassa i suoi cittadini! Ma siamo certi che è proprio un comportamento negativo da censurare?  

Monaco, Anno Domini 2020

Monaco all’alba. Foto © turismo.it

L’anno sarà ricordato per quello della epidemia. Sono successe tante altre  cose, che qui non ricordiamo; ogni giorno la stampa e la comunicazione di massa ci raccontano la cronaca quotidiana dei fatti, in tutto il mondo.

Il Principato di Monaco ha vissuto anch’esso  questo anno terribile, che era comunque cominciato bene con ottimi auspici: la SBM, da tempo in difficoltà economica si avviava al ristabilimento dei suoi conti, la quarantena ne ha bloccato lo sviluppo.

 Il blocco è stato annunciato dal Principe stesso il 17 marzo.  Nel mese di marzo sia il primo ministro Serge Telle e poi lo stesso principe Alberto sono risultati positivi al Virus, per fortuna guariscono in breve tempo.

Impariamo dalla stampa che Silvio Berlusconi, durante le varie quarantena ha trascorso il suo tempo nella vicina Valbonne, nella villa della figlia Marina. Nel gennaio 2021 ha pure fatto una sosta per controlli al Centro Cardio Toracico di Monaco.

Centro cardio-toracico di Monaco. Foto © Pages Jaunes.

Con l’annuncio del blocco  il Principe ha pure informato che il governo sarà vicino a lavoratori e imprese per limitare al massimo i danni. Infatti molte misure saranno prese, la principale sarà quella denominata “chômage technique”, qualcosa simile alla cassa integrazione italiana.

Il blocco assoluto durerà fino a maggio, sostituito da una regolamentazione relativa alla vita e attività nel Principato.

 Il principe informa che le maschere saranno distribuite gratuitamente ai residenti monegaschi. Molte (maschere) saranno prodotte nel Principato da aziende monegasche. Cosa avverata. Notiamo che a Monaco esiste anche una industria manifatturiera.

Un avvenimento importante era già successo nel gennaio. Monaco ha un nuovo Arcivescovo, si chiama Dominique-Marie David, che prende il posto di Bernard Barsi,  in pensione per limiti d’età.

Monsignor Dominique-Marie David, nuovo arcivescovo di Monaco. Foto © KTO.

Monseigneur David è nato il 21 settembre 1963 in Francia nella diocesi di  Angers. Negli anni 2016/2019 ha vissuto a Roma, come rettore della chiesa di Santa Trinità dei Monti.  

Nel maggio il Principe nomina anche il nuovo capo del governo,  che a Monaco si chiama “ministre d’Etat”. Francese, già prefetto della regione PACA, si chiama Pierre Dartout. Prende il posto di Serge Telle, ministre d’ Etat dal 2016.

Il 2 giugno vengono riaperti i ristoranti. Si cerca di salvare in parte la stagione turistica. Il protocollo è severo, i controlli sono numerosi ed accurati;  a chi sgarra si impone la chiusura temporanea.

A luglio termina l’anno scolastico e i risultati sono buoni, anzi ottimi, nelle scuole monegasche.

In agosto sia pure con tanti limiti riprende l’attività agonistica della squadra di calcio, AS Monaco. Si comincia con buoni risultati.

Si avvicina l’autunno, di fronte alle difficoltà del mercato, provocato dalla situazione sanitaria, la SBM annuncia un piano sociale, che non sarà accettato dai sindacati. La vertenza è in corso.

Nelle vicine valli di la Vésubie, la Tinée, Roja, in ottobre si scatena la tempesta Alex. I danni sono ingentissimi. La situazione è disparata.  Monaco viene risparmiata, ma il Principe e il Principato partecipano con vasti mezzi al soccorso delle popolazioni colpite. 

La Valle della Roja dopo la tempesta Alex. Il Principe Alberto ha messo a disposizione delle popolazioni sinistrate aiuti e mezzi notevoli. Foto © Francebleu.fr

In ottobre è avvenuto l’avvicendamento degli Ambasciatori d’Italia. Ne abbiamo parlato nel Blog (vedi “Notizie dal Principato”).

In novembre, per l’imperversare della epidemia non si decide un nuovo “lockdown”, ma si istalla un coprifuoco.

A dicembre si fanno i conti, per la prima volta dopo nove anni si prevede un bilancio negativo per il 2021. Nella stagione estiva gli incassi si sono ridotti del 50%, e poteva andare pure peggio.

Nel corso dell’anno e fino al 30 gennaio 2021 i decessi a causa del Corona virus, sono stati 11.

I casi riscontrati sono stati 1.430 i guariti 1.196.

La Directory 2021 della Monaco Economic Board, relativa all’anno 2020, distribuita nel gennaio 2021, riassume così la situazione del Principato, secondo i dati ufficiali della  IMSEE.

Superficie: 2 chilometri quadrati

Popolazione: 38.100 abitanti

Numero delle imprese registrate: 5600

Numero dei salariati: 58.000

PIB: 6,6 Miliardi di euro

Pib pro capite: 75.942 euro

Pib per salariato: 114.800 euro.

Questi sono i dati ufficiali relativi al 2019, cioè di prima della epidemia. Per il 2020 bisognerà aspettare.

Qualche dato viene anticipato: nel corso dell’anno il giro d’affari delle imprese monegasche  è calato dello 11,5%. Nei comparti  del turismo, commercio, ristorazione il calo è quantificato al 50%.

 Nel settore immobiliare i valori tengono per le abitazioni private, rallentano in maniera consistente le vendite e gli affitti nel settore rivolto agli affari.

Il grande cantiere del Larvotto, per la costruzione della penisola nella “anse du Portier” continua. Dagli alti piani delle abitazioni con vista mare si possono ammirare i lavori in corso.

Il cantiere di costruzione dell’isola al Larvotto. Foto © Liamar Multimedia.