Italici: chi sono e quanti Italica Global Community

I residenti in Italia sono quasi 60 milioni e gli italiani fuori d’Italia circa 6 (milioni). Per l’esattezza 5.806.000, secondo quanto comunicato dal Ministro dell’interno al 31 dicembre 2019. Cifre ufficiali, ne abbiamo già parlato in questo stesso blog, vedi: italiani all’estero, quanti siamo? Ma quanti sono invece i discendenti di quegli italiani che lasciarono l’Italia dal 1860 e che non sono più italiani ma che sono in qualche modo a livelli diversi legati al loro paese d’origine?

Rispondiamo a questa domanda riportando il testo di quanto comunicato da Piero Bassetti  nel corso di una conferenza stampa che ha avuto luogo a Roma il 22 settembre 2021, alla sede della Associazione stampa estera. Conferenza stampa per annunciare la nascita della Italica Global Community.

 CONFERENZA STAMPA. Intervento di Piero Bassetti, Presidente della Associazione Svegliamoci Italici.

Piero Bassetti. Foto ©spyweb.it

“Innanzitutto un grazie all’Associazione Stampa Estera che si è espressa prima e che ci ospita. Un grazie cordiale perché sappiamo tutti l’importanza dell’Associazione e della Stampa Estera, tanto più per un oggetto come quello che celebriamo stamattina.

Poi un ringraziamento a chi presiede,  e vado subito, con un tentativo di estrema sintesi, al mio compito, che è quello di dire cos’è l’Italica global community. Io la definirei un progetto politico. E’ il progetto di fare un soggetto politico, non istituzionale ma politico, degli oltre 250 milioni di italici nel mondo che come tutti voi immaginate o sapete, anche senza avere una goccia di sangue italiano sono attratti dall’Italia, ne hanno abbracciato i valori, gli stili di vita e i modelli di quella “Italian way of life” diffuso nei cinque continenti ibridandoli con altre culture.

Costoro ci sono, non sempre sanno di esistere come potenziale comunità, non hanno consapevolezza di soggettività politica, non hanno organizzazioni culturali. Non sono le diverse aggregazioni o lobbies degli italiani all’estero, con le quali intrattengono nel migliore dei casi quando esistono, i più cordiali rapporti così come è nostra intenzione di mantenere i più cordiali e integrati rapporti con la dimensione nazionale italiana. Possono però, gli italici, e devono diventare un potenziale soggetto politico glocale.

Gli Stati membri dell’ONU come sono rappresentati nel logo. Foto © UNRIC.org

Questo è il punto chiave. Il mondo oggi sta diventando glocale e non sono più i 197 Stati nazionali iscritti all’Onu che lo interpretano e lo condizionano. Voi avete la sensibilità dei giornalisti (Kabul docet), a Kabul ci siamo accorti tutti che il mondo sta per essere organizzato politicamente in modo radicalmente diverso e come? Non punta alla globalità, ma punta a questa dimensione culturale complessa, ma rilevantissima che è l’integrazione avvenuta ormai nel mondo grazie ai media, tra ciò che è globale e ciò che è locale. Qualunque punto partecipa della dimensione globale, qualunque entità globale è intercettata e intercetta le dimensioni locali. Questo secondo me, secondo noi, avrà un impatto politico sulla organizzazione istituzionale che è alla base culturale del disegno e dell’appello che appunto è stato a suo tempo sviluppato nel libro.

Il mondo oggi è glocale, quindi non è più quello degli soli Stati nazionali e non è ancora quello che anche nell’ONU si intravede, dell’unione delle civilizzazioni. Circa due anni fa a Washington abbiamo fatto un convegno che ha avuto l’avvallo anche esplicito del nostro presidente della Repubblica, che ci segue con simpatia, in cui si evocava in ambiente come quello dell’Onu la necessità di cominciare a pensare come il mondo si riorganizzerà di fronte alle sfide che la tecnologia ha posto in modo irreversibile.

Il dibattito di questi giorni tra americani e francesi sulla dimensione indoeuropea, che apparentemente si sviluppa sulla tecnologia dei sommergibili, è il dibattito tra grandi dimensioni politiche quella degli Stati Uniti, quella ex Commonwealth, quella ex colonia francese (i francesi hanno 2 milioni di persone nel mondo indo asiatico) e quello di una dimensione emergente che non è solo la Cina, ma la dimensione della soggettività politica dell’asse che da 3000 anni invece è quiescente, l’abbiamo risvegliata noi e oggi è del tutto sveglia.

Tutti i Paesi del mondo invasi (almeno una volta) dalla Francia. Foto focus.it

Questo è il retroterra politico culturale nel quale noi ci vogliamo muovere. Noi vogliamo che la civilizzazione italica entri nella storia del mondo e ci entri con tutti i suoi valori e con tutto il suo potenziale. In questo senso non abbiamo nessun falso pudore (io lo farò domani all’università della Tuscia) di richiamarci e riportarci alla tradizione politica della storia romana che è al fondo della nostra dimensione italica.

Noi vogliamo un Mediterraneo che sia un Mare Nostrum, vogliamo un’Europa che non sia la somma di 27 Stati nazionali espressi dagli accordi di Vestfalia, ma che sia l’Europa di integrazione delle grandi civilizzazioni presente in Europa. E anche qui c’è spazio per lavorare, perché sarà interessante vedere se vogliamo andare assieme alle altre civiltà italiche, che sono quelle di tradizione latina, o invece divisi tra quelle che sono state di dimensione nazionale.

La Pace di Vestfalia illustrata da Bartholomeus van der Helst (1613-1670), in Peace of Münster (1648) tela esposto a Rijksmuseum di Amsterdam.

Noi vogliamo che la civilizzazione italica entri nella storia globale già cominciata e vogliamo cominciare a predisporre le condizioni per la nascita di questa soggettività politica. La prima condizione è il risveglio, la presa di coscienza della potenzialità del disegno e il libro, che è del 2016, puntava a creare le premesse per un risveglio. Da allora abbiamo fatto molta strada, soprattutto sul piano culturale, per mettere a punto il pensiero ispiratore di questa esigenza. Oggi cominciamo col tema dell’annuncio, cioè che è il vostro destino professionale e proseguiremo, nei limiti delle possibilità, con i discorsi organizzativi.

Il nostro territorio è la rete, cioè noi non abbiamo preoccupazioni di carattere territoriale di nessun tipo, la nostra integrazione è culturale, la rappresentanza politica è offerta agli Stati nazionali che vogliano in un certo senso approfittarne: il primo, naturalmente, la Repubblica italiana. Noi siamo assolutamente convinti che nessuno più della Repubblica italiana è in condizione di interpretare questo disegno e di collocarlo nella storia. Quindi la consapevolezza è questa, l’ambizione è elevata, la pochezza dei nostri mezzi e strumenti di partenza è altrettanto innegabile, però tutte le rivoluzioni storiche sono cominciate dal poco e noi non siamo niente, siamo al poco, ma vogliamo arrivare al molto. Grazie.”

Gli italici sono quindi circa duecento cinquanta milioni, vi sembrano tanti ?Facciamo un po’ di conti : 60 milioni nella penisola italiana, 6 milioni di italiani all’estero iscritti all’AIRE. In Brasile pare che la presenza di discendenti di immigrati italiani sia del 15 per cento, su una popolazione di 220 milioni. Quasi 35 milioni.


Italo-americani, il 14% vive nel Nord-Est, primato nel Rhode Island. Foto © Gente d’Italia.

Negli Stati Uniti gli italici sarebbero 20 milioni secondo la NIAF(National  Italian American Foundation). In Argentina sono oltre un terzo della intera popolazione.

Tanti sono pure nelle altre repubbliche  americane di lingua spagnola.

In Francia secondo indagini di istituti di ricerca sarebbero il 7 per cento della intera popolazione, oltre 4 milioni.

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